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SPAZIO DI MUSICA ALTERNATIVA - No. 42 - Giugno
2005
CENTRAL UNIT - INTERNAL CUT MP Records MPRCD044
Spero non vi sembri esagerato quanto sto per esprimere, e spero di conseguenza che vogliate constatare di persona prima di accusarmi di eresia o di chissà cos'altro; molto semplicemente, posso e voglio affermare che se Central Unit riuscirà a garantirci ogni anno un prodotto dal livello qualitativo di questo Internal Cut noi potremmo evitare di logorarci nelle lunghe attese per un nuovo e preventivamente strombazzato album di bands come Porcupine Tree, e forse Mr. Wilson potrebbe ritirarsi a contare i denari ricavati dalla dissanguante serie di diverse edizioni, limited e very limited editions in vinile di ogni suo prodotto discografico (detta per intero, sarebbe anche ora che i fans smettessero di acquistarglieli, in modo che si ritrovi tutte le sue rarità sul groppone così magari la smette di speculare sulla fedeltà dei suoi appassionati). Internal Cut è probabilmente uno dei migliori albums di sintesi usciti durante gli ultimi anni, un disco dove post rock, ambient electronica e progressive rock si fondono creando qualcosa di veramente unico, ed è sorprendente scoprire quale lungo cammino abbia compiuto questa band bolognese nata vent'anni fa sotto il segno della New Wave. Buona parte del materiale qui incluso mi aveva già entusiasmato nella versione demo che ebbi modo di presentare qualche tempo addietro, ma la netta progressione dello stile di Central Unit si evidenzia forse ancor di più nel materiale proveniente dalla prima produzione discografica della band. L'innesto di Riccardo Lolli ha sicuramente aggiunto parecchi ottani nel motore di questo affiatato ensemble di ottimi musicisti, la cui definitiva maturazione abbinata ad una strumentazione totalmente diversa rispetto a quella utilizzata negli eighties evidenzia maggiormente il netto divario tra Internal Cut ed i primi lavori (che comunque non sono stati rinnegati dalla band, tanto che proprio di recente sono stati ristampati dall'etichetta MP Records, la stessa che ha pubblicato questo nuovo lavoro). Per comprendere appieno la portata di questo album partiamo dal fondo, da quella cover di Riders On The Storm che così poco mi aveva convinto inizialmente e che invece rivela tutte le doti alchemiche di Central Unit : al suono vintage di un organo si abbina un campionamento della voce di Fred Bongusto preso da Una Rotonda Sul Mare, ed il pensiero va subito ai Camel di Mirage fatti oggetto di una rilettura jazzy come potrebbe intenderla il Theo Travis Quartet se equipaggiato con strumentazione elettrica. Una moderna vena jazz dalle forti venature mediterranee è presente nella bellissima opening track Lacroix, costruita intorno ad alcuni samples presi da Metrodora di Demetrio Stratos, ed è veramente arduo controllare i brividi dati dall'ascolto della voce dell'indimenticabile cantante degli Area incastonata in questa brillante composizione di ampio respiro. L'avveniristico ed incalzante incedere di Tube 6 trova qui la sua quadratura finale dopo la già convincente versione inclusa in Demos 2001 (ma per coloro desiderosi di fare ulteriori confronti l'invito è quello di andarsi a scaricare la versione demo ad opera del solo Riccardo Lolli messa a disposizione sul website di Central Unit), mentre echi di jazz dal flavour molto sixties caratterizzano una grandiosa rielaborazione di Mas Rapido andandosi ad innestare su un tessuto ritmico molto elastico. Il rilassato mood di Still Sand presenta alcune affinità con gli episodi più ambient di Heart Of The Sun di Theo Travis, fungendo quasi da prolungata intro alla successiva Rock 11, traccia proveniente addirittura dal primo EP Loving Machinery (il titolo originale era Rock Onze) : pezzo dalla durata, molto probabilmente non casuale, di 11 minuti e 11 secondi (contro i cinque minuti della versione originale), Rock 11 è forte di un sinuoso ed avvolgente andamento che richiama illustri caposaldi come The Sahara Of Snow o la porzione conclusiva di Larks' Tongues In Aspic Part Three. Giungiamo quindi alla title track, che inizia in maniera molto soffusa in un delicato equilibrio di sonorità moderne che fanno da sfondo al suono dell'organo Hammond; i successivi ingressi di basso, sax e chitarra conducono in crescendo graduale ad un'intensa porzione strumentale riccamente orchestrata, che si placa momentaneamente per poi crescere di nuovo con l'intervento di ben due parti di sax ed un semplice ma emozionante solo di chitarra, chiudendo quindi nella stessa atmosfera soffusa con cui la traccia era iniziata. Una bella cover di Areknames di Franco Battiato si collega mediante un breve solo di batteria alla "piece de resistance" Until Trance, lunga traccia di oltre quattordici minuti che nella prima porzione si colloca a metà strada tra Miles Davis e Sigur Ros, mentre la parte conclusiva potrebbe quasi essere assimilata ad una moderna rilettura di alcune cose dei Gong. Una breve ghost track giocata sul tema di Mas Rapido, posta al termine della già citata Riders On The Storm conclude questa forte e sapiente release, che ci mostra una band in forma strepitosa che son sicuro non mancherà di stupirci ulteriormente in futuro. Io sono pronto a scommettere sulle capacità di Central Unit, un act dove esperienza, capacità ed inventiva si coniugano maniera entusiasmante, e spero di poter essere testimone di un luminoso cammino che la band ha tutte le carte in regola per poter compiere.
Lacroix / Tube 6 / Mas Rapido / StillSand / Rock 11 / Internal Cut / Areknames / Until Trance / Riders On The Storm