INTERNAL CUT - MP Records MPRCD044


n
o
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no
no
no
noi
noi siàm
centralunit
centralunit centralunit
noi siàm l’antico e il vento che lo spazzerà via
la tradizione e il non ancora nato
la retta linea e la curva
il lampo e il buio
l’uovo e la zucca
il cigno e il serpente
il bradipo e il bolide che sfreccia
una sosta nel silenzio e una corsa nella confusione
il rumore intonato e la nota stonata
il dettaglio e l’universale
un universo di dettagli
il bianco e il nero
l’entusiasmo e la noia
la rivoluzione e la restaurazione
noi siàm la coerenza e la contraddizione
l’indifferenza e la passione
velocità e staticità
note allineate
note libere
note
no
te
da
da
da
n
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ALBERTO PIETROPOLI - saxes, flute, Yamaha WX7, vocals
ENRICO GIULIANI - bass, double bass, susmeub
ROBERTO CARAMELLI - sampler, vocals
RICCARDO LOLLI - keyboards, loops, lead vocals
ANDREA VENTURA - drums, percussion
guests:
MARCO TAMBURINI - trumpet, flugelhorn
PAOLO BALLONE - guitar
RUGGERO MARCHETTI - guitar

notes from the band


Sono molto contento di questo prodotto, sotto ogni aspetto.
Sono decisamente contento della copertina di Carpinteri, già lo leggevo su frigidaire in prima liceo, mentre i CU già registravano il primo EP.
Sono esageratamente contento ed onorato di far parte di questa storica band che già registrava il primo EP mentre io già leggevo frigidaire in prima liceo.
Sono notevolmente contento di aver fatto da tramite per l’arrivo di Andrea Ventura, che mi faceva le catture in prima liceo.
Sono entusiasticamente contento delle collaborazioni creative con Marco Tamburini e Paolo Ballone, e pure delle quantitativamente piccole ma qualitativamente enormi collaborazioni con Ruggero Marchetti, Mario Dall’Olio e Nicola Minarini, che frequento musicalmente da quasi vent’anni.
Sono particolarmente contento di essere entrato negli uffici della MP Records, e di avere lì trovato un calendario di Star Trek e cinque/sei gatti.
Sono eccessivamente contento del missaggio con Gianrico La Rosa e Fabio Liberatori. Ho conosciuto due persone eccezionali, che andranno a sostituire due persone da disconoscere, devo ancora decidere quali. Necessito di un tetto massimo di persone.

RICCARDO LOLLI

INTERNAL CUT
Ascolto dopo ascolto, sono pronto a dichiarare che questa per me è la vera chicca di Internal Cut. Qui c’è una bella dose di quel minimalismo che ha caratterizzato una parte importante della mia formazione (prima di scoprire Philip Glass e Terry Riley, erano minimaliste le filastrocche che mi insegnavano da bambino; erano minimaliste le preghiere che recitavamo al tempo del catechismo; e forse erano un po’ minimalisti anche i pomeriggi d’inverno della nostra adolescenza).
Il cantato, così sospeso e delicato, si appoggia sulla struttura del brano come una piuma su un lago.
E quando il sax si prende il suo spazio, si respira a pieni polmoni come in montagna. Lo so che ai ragazzi non piace che io dica questo, ma quando la musica dei Central Unit mi fa venire in mente Paolo Conte (e c’è sempre Poli di mezzo), mi sento proprio a mio agio. Penso a Hemingway, e a come piove bene sugli impermeabili (e non sull’anima). Quelle melodie che ti fanno allargare le braccia… (vedi Until Trance)
ROBERTO CARAMELLI
Il brano è nato esclusivamente dal loop iniziale, e non voglio addentrarmi nella descrizione della genesi del testo ma trattasi di una fortunata coincidenza. Un Enrico e un Poli commoventi. Ricordo di avere chiesto a Ballone una chitarra alla Mike Oldfield, e ricordo anche che il missaggio è stato particolarmente impegnativo. E’ stato l’ultimo brano su cui Gianrico e Fabio hanno lavorato, e nonostante alcuni funesti eventi (il DAT finisce anzitempo, la corrente manca per un pomeriggio) amo il risultato. Mentre ascoltavo il missaggio in sala mi addormentavo, e questo è segno di qualità, anzi il più grande avvicinamento alla perfezione.
E’ forse il mio brano preferito, e spero che piaccia anche ai giapponesi.
RICCARDO LOLLI

UNTIL TRANCE
Impossibile stabilire la data precisa in cui sono iniziate le registrazioni di Internal Cut. Di certo ho registrato il demo (il cui titolo provvisorio era Tenemos 5 IBM, e tale è finito sul Demos 2001) nel 1999, ignaro dei CU ma già con l’idea di chiedere una batteria ad Andrea. Buona parte delle cose del demo sono rimaste nella versione finale, quindi potremmo dire che Internal Cut è partito da qui. Se poi qualcuno volesse analizzare cronologicamente i files per scrivere un’enciclopedia sulle sedute di registrazione dei CU, può contattarmi al mio indirizzo. Se mi fornirà i nominativi di cinque giornalisti interessati a pubblicare monografie sui CU, gli verrà applicato uno sconto del 15% sul totale di fattura.
Il povero Gianrico ha dovuto suddividere il brano in tre tronconi per poter mixare le mie sconsiderate tracce.
Mi risultava insopportabile prima dell’inserimento delle chitarre di Paolo Ballone e Ruggero Marchetti, adesso un po’ meno. Mi rilasso improvvisamente durante le parti di Kodaly e Di Lasso, e associo all’ascolto di Computer World dei Kraftwerk nel giardino dei miei, a dodici anni. Non è sterile snobismo da parte mia! All’epoca, i Kraftwerk li vedevi su raiuno la domenica pomeriggio.
Accordi maggiori o minori, in diversi momenti non saprei. Niente diminuite, sospese, tredicesime ecc., solo maggiori che sono anche minori e viceversa. Boh. Aia, il pollo che crea un’atmosfera.
RICCARDO LOLLI
Altro momento “contiano”, nel ritornello finale con crescendo. La melodia è di una semplicità disarmante, per quanto riesce ad essere ampia e ariosa, e si inserisce in un tessuto ritmico di bell’impatto. Sono soddisfatto di come Andrea è riuscito ad affermare la sua ritmica in un brano composto con la drum machine prima del suo ingresso nella band. Ragazzi, Andy è davvero un buon batterista, e poi è molto duttile (dote fondamentale in questo contesto).
ROBERTO CARAMELLI

ROCK 11
Se ne avete voglia, qui ci sarebbe una lunga storia… proprio quella che comincia a Radio Città nel 1980.
Sono tre anni che lavoriamo in radio, siamo stati testimoni e propugnatori della nascita della “new wave”, e Nitti, che ha più di qualcosa da dire sull’argomento, riesce ad entusiasmare me e Poli a margine dell’ascolto di due brani “chiave” di quel periodo: What Use dei Tuxedomoon e Transmission dei Joy Division. Poli suona già con i Windopen, ma in lui cova ben altro, io sono “vergine” ma ho anch’io le mie idee. Giuliani, tastierista, dice che vuole imparare un nuovo strumento, e lo intriga il basso… Il “movimento” ci assomiglia, un minimo indispensabile di tecnologia è ormai divenuto accessibile, il fermento e l’aspettativa nei confronti del nuovo decennio sono enormi (che delusione, poi, l’edonismo reaganiano…). Central Unit nasce allora, come risposta al nostro bisogno di esprimerci.
A parte “Saturday Nite”, ironico omaggio di Nitti alle nuove “discoteche rock”, dove si ballano i Talking Heads anziché Giorgio Moroder, e che infatti diventerà programmatissimo e ballatissimo nell’ora di punta all’Art Club, al Punto Club ecc., ci accorgiamo subito che, tra organico e attitudini (c’è il sax, arriverà il violino, nessun aspirante suicida nella band) quel che ci viene fuori tira molto più dalla parte dei Tuxmo che dei Joy Div.. Diamo una mano a Nitti nell’organizzazione del primo mitico concerto italiano, da lui fortemente voluto, dei tre americani (charter da Londra, dicembre ’80, Antoniano, unica data in Italia), con cui facciamo amicizia e che ci ispirano (critica ricevuta spesso, che però a me ha sempre fatto piacere…).  Insomma, celebriamo l’amicizia con una versione di What Use, che a loro piace anche. Ma il vero pezzo “alla Tuxedomoon” di Loving Machinery è proprio “Rock Onze”, dove Enrico ha lo spazio per mettere il suo basso “davanti” agli altri strumenti. Non so se c’era qualcos’altro dei Tux che ci aveva colpito di più dell’uso che Peter faceva del basso (forse la sua chitarra in What Use, che sembra tutto tranne una chitarra). Era la nobilitazione di quello strumento, che mai aveva avuto un ruolo del genere prima di allora. Fantastico.
P.S. il titolo del brano deriva dal preset della Korg 55 che usavo per la ritmica.
BREAK DI VENT’ANNI
Nitti ha deciso di lasciare Bologna, dopo averci vissuto quasi trent’anni, nel bel mezzo della reunion che stiamo tentando in occasione del ventennale della band. Siamo spiazzati, chiaro che se non lo sostituiamo degnamente si molla. Lolli, uno dei più grandi divoratori di musica che io abbia mai conosciuto, si dichiara interessato, e per dimostrarcelo lavora su un paio di brani della prima produzione C. U. Che emozione! Un cantato su Rock Onze! Una ritmica in Papé du Marocu! La ripresa di brani composti vent’anni prima è stato il grimaldello con cui Lolli ci ha inizialmente agganciato, una delle chiavi del nostro innamoramento artistico nei suoi confronti. Tra l’altro, ci ha dato la dimostrazione della validità intrinseca delle composizioni di allora. Rock Onze, che qui è diventato Rock 11, con Nitti depositato come coautore (viste le sostanziali modifiche, non era giusto che ne restasse l’unico autore, anche perché non lo era neanche nella prima versione), si dipana come una rapsodia, con tutti i suoi “movimenti”. Abbiamo un po’ riflettuto sui tre minuti introduttivi, che avrebbero tranquillamente potuto essere un altro brano, ma siccome era piaciuta l’idea che Rock 11 fosse risultato lungo 11 minuti e 11 secondi, dato che il fatto era stato accidentale e non voluto, alla fine abbiamo preferito lasciarlo così.
ROBERTO CARAMELLI
Un testo su Rock Onze? Il sacrilegio è venuto alla luce durante un viaggio notturno di ritorno dalle prove.
Prigionieri Delle Pietre e nokiadipendenze sono due topiche che mi hanno a lungo ossessionato, forse ora sono finalmente riuscito ad esorcizzare.
L’unico brano, purtroppo, dove si può ascoltare la voce di Roberto il quale peraltro è l’artefice del “bordone” nell’intro, nonché di altri tappeti shiraz anche in brani che poi non sono finiti nell’album.
La prima stesura durava oltre 14 minuti, ed eliminando una quantità di misure in numero pari, necessarie e sufficienti al buon scorrimento del brano (dimenticandoci dell’intro durante tale processo), si è giunti a questa provvida e non voluta durata. Chissà perché mi ricorda il nano più alto del mondo, 1 e 74. Chi l’avrebbe voluta più corta, chi no. Chissà i giapponesi da che parte stanno. Che strani accordi.
RICCARDO LOLLI

TUBE 6
Er tubbo der sei, dice Gianrico. Questo brano vede la luce nel novembre 2000 in seguito alla visione di “PI”, il primo lungometraggio di Darren Aronofsky, ma non guardarlo subito adesso che te l’ho detto. Lascia sedimentare l’informazione.
I suoni di metropolitana sono stati registrati a Londra il mese precedente, con il minidisc in tasca e i microfonini sulla giacca.
Ballone ha continuato a stupirmi con effetti speziali anche in questo brano, e vorrei spezzare un’arancia in suo favore.

RICCARDO LOLLI

MAS RAPIDO
Forse il brano dell’album del 1983 che mi ha colpito di più, insieme a Papè D’Ou Marocu.
Anche questo brano contiene rumori londinesi, registrati in una traversa di Abbey Road. Non la pallina, che è autoctona. La breve voce iniziale in spagnolo è di David Barci, una session telefonica ma a pochi distretti di distanza.
Marco Tamburini ha esagerato, e il brano ha avuto una svolta inaspettata in seguito alla registrazione della sua sezione. Uno splendido pomeriggio a Castelmaggiore, l’emozione intensa di un artista jazz che suona sui miei demo, e crea all’impronta micidiali sezioni di fiati una traccia alla volta, senza farci capire cosa sta facendo sino al risultato finale.
Un brano pimpante che potrebbe piacere molto ai giapponesi.
RICCARDO LOLLI
Altro brano ripescato dall’archivio originale, questo era nell’album del 1983. Va detto che Tamburini, come altrove, gli fa fare un salto di qualità enorme, ma avevamo già deciso di inserirlo nell’album prima che ci suonasse lui (infatti faceva parte del Demos 2001). Ricordo la “composizione” originale di questo brano, in studio con Peter Principle nel luglio dell’82, come uno dei momenti più vitali di tutta quella sessione. Avevamo un unico microfono che pendeva dall’alto, e ci stavamo intorno saltellando e cantando tutti insieme. A dirla così sembro un cretino.
ROBERTO CARAMELLI

RIDERS ON THE STORM
E’ talmente enorme che andiamo a citare proprio i Doors, che alla fine ci è sembrato quasi normale. Brano nato da prove al volo, elaborato a casa da Lolli che quando ce l’ha riportato la prima volta non volevamo crederci. Scelta molto criticata da alcuni “puri” esterni alla band.
ROBERTO CARAMELLI
Oops. Questo è quello che succede quando le mie stronzate vengono prese sul serio. Non riesco ad accettare l’idea che Riders sia finito nel cd. Forse però piacerà ai giapponesi.
RICCARDO LOLLI

STILLSAND
La melodia è stata catturata al volo col minidisc. Il problema del minidisc risiede precipuamente nel microfono, un Aiwa da 20 euro. Nonostante il mezzo di registrazione non proprio ortodosso, il sax è bello caldo e pastoso. Ma credo che il sax di Poli si possa registrare anche con un rullo di alluminio e una punta del tre.
Il primo brano mixato negli Hawk Studios di Fabio il giorno 5 novembre 2003 intorno alle ore 12, tanto per un approccio light alle difficoltà sia tecniche che artistiche. Nelle notti successive, Gianrico se sarebbe sognato Areknamess. Si iniziava verso le 10: la quotidiana pausa delle 14 al bar rinfrancava tutti notevolmente, e poi avanti fino alle 20. Questa è vita.
RICCARDO LOLLI

AREKNAMES
Se l’hanno suonata i Phaedra nel 1974, perché non noi? Una versione che mi piace moltissimo, e sono certo che sia Franco Battiato che i giapponesi l’apprezzeranno.
Il drum solo di Andrea che lega Areknames a Until Trance è stata l’ultima registrazione in ordine di tempo, poco prima del mix a Roma (novembre 2003).
Abbiamo in archivio una versione mixata senza drum solo, preparata per l’inserimento in un cd tributo a Battiato, cosa poi non avvenuta.

RICCARDO LOLLI

LACROIX
Qui qualcuno rischia di commuoversi (oltre a me). Intanto, l’impatto della tromba di Tamburini sul brano di apertura è devastante, mi sembra un apporto energetico decisivo. Poi, la voce di Demetrio… Sembra un brano fatto per lui. Nel marzo del 77 (pochi giorni prima dell’assassinio di Francesco Lorusso -- non c’è ancora stato un 11 marzo in cui quella terribile storia non mi sia tornata in mente) organizzammo con la Radio un Area - Finardi - Camerini al Palasport (ingresso 1000 lire). Siamo più di un anno prima di Parco Lambro. Lì conobbi Demetrio. L’anno dopo venne al Teatro San Leonardo, da solo, con Cantare la Voce. Roba da pazzi. Un genio. Che gioia avergli potuto dedicare un tributo. Bravo Lolli.
ROBERTO CARAMELLI
Abbiamo cercato di ricordare ed omaggiare Demetrio Stratos per quanto in nostro potere, e con i guanti. Ricordiamoci che quest’anno corre il venticinquennale della sua scomparsa, ma un artista di tale levatura va maneggiato solo con i guanti. Per fortuna la signora Daniela Demetriou ha mostrato di gradire, e per questo la ringraziamo incondizionatamente. Altrettanto speriamo per i giapponesi.
I campioni sono tratti dall’album “Metrodora”, album che mi piacerebbe tu comprassi immediatamente ascoltandolo con cura e cognizione.
Un indizio per il titolo: cartine e un bicchiere d’acqua.
RICCARDO LOLLI